Un viaggio in Botswana ti catapulta dritto dritto in un documentario: senza il filtro di uno schermo, ti trovi a un passo dagli animali che giocano e lottano per la sopravvivenza, sei inondato da albe e tramonti di fuoco, il tuo sguardo, dal punto di vista privilegiato di un piccolo aeromobile, può abbracciare le morbide anse del grande fiume Okavango e gli intricati arabeschi del suo immenso delta.
Puoi sentire scorrere la vita nelle sue acque, il cui corso non sfocia nel mare ma si sfilaccia e si esaurisce nel suo sconfinato delta interno: con i suoi canali, le sue lagune, i suoi isolotti l’Okavango alimenta un ecosistema unico, tra loti e ninfee, ficus e papiri, coccodrilli e aironi, rinoceronti ed elefanti, antilopi, gazzelle, leoni, ghepardi e babbuini.
E solo in apparenza la vita è meno prospera nella regione desertica del Kalahari: questa distesa di sabbia rossa e di savana, movimentata dai bacini prosciugati di antichi laghi salati, è terra di leoni e leopardi, antilopi e struzzi, gnu e suricati.
Quando il sole tramonta sul fiume Chobe, e il maestoso profilo di un elefante si staglia contro un cielo infuocato, il contrasto tra fertile e arido, tra vita e desolazione, perde di senso. Tutto fluisce, tutto si armonizza al ritmo della natura.